A cavallo tra i Sibillini e la Laga - Il monte Utero


Le feste appesantiscono gambe e qualche volta lo spirito, la pigrizia prende il sopravvento e la tentazione di rimanere tra il caldo ed il conforto dei cuscini del divano è forte. Per giunta gli sciamani del meteo vanno tuonando avversità da apocalisse, fronti perturbati e freddi e copiose nevicate. Rispondere ad una improvvisata convocazione di Tonino, una piccola escursione sui monti nei di dintorni di Ascoli era obbligatorio stante così le prospettive. Ci sono sempre sottili piaceri nelle escursioni organizzate dal “maestro” , per primo si tratta sempre di una bella rimpatriata tra amici e poi si finisce molto spesso su percorsi alternativi, fuori dai “soliti tracciati” legati al Club2000, autentiche occasioni per conoscere anfratti del tutto secondari, ma altrettanto importanti, dei nostri Appennini. Unico “paletto” si doveva cercare di anticipare l’arrivo del fronte nevoso, fissato per la metà del pomeriggio. Oggi si saliva al monte Utero, uno delle rotonde sommità di quella bassa catena che tante volte abbiamo visto imbiancata d’inverno, uniforme tra boschi e praterie d’estate, dalla normale del Vettore, quella quasi monotona catena di basse montagne che si perde da Forca di Presta fino alle pendici del Terminillo, quella cresta che domina da una parte la valle dove scorre la Salaria, sopra Accumuli, e dall’altra la piana di Norcia e dopo ancora di Cascia. Insomma, per quanti di voi sono stati sul monte Vettore e si sono voltati verso l’orizzonte distinguendo il monte Terminillo, si tratta di tutta quella fila di montagne che scorrono sotto questa ipotetica linea retta. Il monte Utero è un 1808 mt, di grande rotondità, dalla cui vetta però si godono viste uniche sulla Laga e sui Sibillini. Il tragitto è corto, l’avvicinamento in auto pure, la partenza di conseguenza è comoda. Si raggiunge dalla Salaria Accumuli, si oltrepassa fino a superare anche il paese di Villanova. Tra questo e prima di San Giovanni, in un curvone è molto evidente diparte una carrareccia molto ampia. La si prende a la si segue quasi interamente, fin tano che non si perde nei pratoni sommitali. La neve, come anche in tante montagne più importanti è assente, mentre si sale la natura si alterna tra prati e boschi, poche sono le asperità e le linee sono davvero morbide, tanto che spesso cerco di immaginare queste montagne con la neve. Credo che possano essere il paradiso dei ciaspolatori, di chi ama andare in giro con gli sci, e ancora di più con la bici. Alle spalle, mentre si sale e verso Sud-Est si scopre lentamente tutta la lunga catena della Laga; nonostante le quote più importanti la neve è davvero scarsa anche su queste montagne ma la vista è comunque totale e magnifica; sulle principali montagne del Gran Sasso perfino si perde l’occhio. Ecco uno dei motivi per cui vale la pena seguire i maestri locali e qualche volta dirottare le scelte su montagne minori, è bello starci sopra le montagne, ma qualche volta è bello anche avere uno sguardo d’assieme che altrimenti non si riesce ad avere. Salendo intorno al 1600/1700 metri il freddo e il vento iniziano a disegnare la natura; gli alberi sono sculture cristallizzate dalla galaverna, piccoli boschetti isolati nella prateria intorno sono gli elementi per costruire autentiche cartoline da portarsi a casa. Quando c’è chi guida la pigrizia fa il suo dovere, non mi sono interessato d’altro che seguire gli altri e guardarmi intorno, qualche volta ci vuole; dovessi descrivere la camminata direi che lasciata la strada asfaltata sarebbe sufficiente dirigersi verso Nord, seguire la carrareccia fin tanto che non si perde nei prati, salire sempre con direzione Nord fin tanto che non si arriva nelle spianate erbose di cresta, fin tanto che non si scoprono, verso Nord-Est i Sibillini. E già, perché quando si è sopra, le catene dei Sibillini e della Laga sono la davanti, tutte e due, vicinissime, da una prospettiva come mai le ho viste. Si intuisce la piana di Castelluccio e si domina tutta la lunga pagina del Redentore, fino all’Argentella e più giù ancora. Il monte Utero è quella tonda sommità alla nostre sinistra. Il bosco si ferma sotto la vetta, la galaverna ha congelato in strane geometrie i ciuffi d’erba ormai secchi e gli ultimi cento metri si fanno scricchiolando su un tappeto di aghi di ghiaccio. In vetta un piccolo ometto, con tanto di quota scolpita distingue questa sommità dalle tante nei dintorni molto simili tra loro. Sotto, verso Nord, dominiamo la piana di Norcia e la cittadina. Per scendere continuiamo sulla cresta verso Est, scendiamo tra boschi e radure verso la sella sottostante fino ad intercettare una nuova carrareccia che ci farà chiudere l’anello. La giornata era previsto chiuderla con le zampe sotto al tavolo, ci siamo fatti venire fretta, mai far aspettare l’oste e lo stomaco che si aspetta di essere riempito ed in vista di uno stazzo con una fontana prendiamo a scendere dentro la valle. Rotoliamo in fretta fino alle prime trace di sentiero che ben presto incrociano di nuovo la carrareccia di salita. Il resto è stato consumato al vicino agriturismo Le Mole2, incastrato tra la boscaglia di queste intricate valli e montagne, se non lo conosci non ci arrivi; una calda fiamma dietro al vetro di un camino, un buon rosso scorso a fiumi, amatriciane, trote e un arrosto misto più o meno per tutti. Il miglior modo per chiudere questa bella giornata.